Il vulnus della carriera che non c’è/1: proposte di modifica avanzano

L’articolato servizio che Tuttoscuola nella newsletter scorsa ha riservato al Decreto-legge 36 e, in particolare, alla riforma mancata della carriera degli insegnanti ha trovato attenzione e molti consensi.

La nostra analisi – riassumendo – ha evidenziato come il DL su reclutamento, formazione e sviluppo professionale ora in Parlamento per la conversione in legge “buca” il terzo pilastro, quello della carriera, non distinguendo ruoli, profili, incarichi aggiuntivi, e non valorizzando in maniera stabile diversi livelli di esperienza e di competenze. Non solo. Nel prefigurare un simulacro di carriera introduce la “formazione incentivata”, che riduce quella che è una componente nobile e fondamentale della professione a una “utilità”, snaturandola. Insomma il decreto elude sia lo spirito di una legge vigente, la 107/2015 che parla di “formazione obbligatoria” (mentre l’incentivo è per definizione non obbligatorio), sia la lettera del PNRR (che parla espressamente di carriera) e farebbe perdere, se attuato senza modifiche, un’occasione storica di ammodernare il sistema e rilanciare la professionalità docente.

Ma il nostro servizio, seguendo i canoni del Solutions Journalism a cui ci ispiriamo, non si limita a denunciare ma avanza proposte documentate e sostenibili. Sorprendendo probabilmente molti, abbiamo tirato fuori da un cassetto impolverato un vecchio documento a cui avevano lavorato quasi vent’anni fa Aran, Miur e sindacati (con firme del calibro di Francesco Scrima, Massimo Di Menna, Enrico Panini). Una proposta a ben vedere molto più “spinta” verso la definizione di una carriera per i docenti rispetto a quella presentata dal Governo Draghi, che ci si aspetterebbe invece per impostazione anche culturale più orientato a un approccio meritocratico. “Perché non ripartire da qui?”, ci siamo chiesti. Abbiamo rilanciato così il ricorso a un sistema di crediti formativi e professionali già prospettato nel dossier di Tuttoscuola “Sei idee per rilanciare la scuola” (2013), utile per superare “l’inafferrabile idea che la carriera e la retribuzione dei docenti si possano differenziare, a parità di prestazioni, sulla base della valutazione del merito individuale”.

Tra i consensi raccolti, quello autorevole dell’ex-capo dipartimento dell’istruzione al ministero, Giuseppe Cosentino, uno degli attori di quell’accordo sullo sviluppo professionale del 2004, che ha scritto un puntuale documento di analisi dell’art. 44 e seguenti del DL n. 36/22. Cosentino, condividendo pienamente le nostre riflessioni e le proposte, ha concluso la sua analisi richiamando i lavori di quella commissione: “Perché non riprenderla, quella proposta, come punto di possibile ripartenza per un proficuo percorso di innovazione condivisa?”.

Fin qui un dibattito tra osservatori esterni. L’elemento nuovo è che un importante attore in campo, la Cisl Scuola, ha significativamente scelto di diffondere il documento di Cosentino (con tanto di logo dell’organizzazione), “ritenendo – scrive il sindacato guidato da Ivana Barbacci in un comunicato – che possa rappresentare un contributo particolarmente significativo al dibattito su un provvedimento sottratto fin qui al confronto e al coinvolgimento non solo delle parti sociali, ma della stessa politica. L’analisi di Cosentino evidenzia i gravi limiti delle soluzioni indicate nel decreto sia sul versante del reclutamento che della formazione e ancor più della valorizzazione professionale”.

Per Cosentino “Temi come il reclutamento e la valorizzazione dei docenti, il sistema di formazione e gli eventuali strumenti di sviluppo professionale meriterebbero invece un’ampia, anche se rapida consultazione tra tutti gli operatori della scuola, senza tabù e pregiudizi “ideologici”, che hanno visto invece contrapporsi negli anni, in una falsa rappresentazione delle reciproche ragioni, i fautori del “merito” e quelli delle “sanatorie.

Sempre sulla mancata riforma della carriera dei docenti, l’ex-Capo dipartimento ritorna su quanto ricordato da Tuttoscuola: “Vale infine la pena sottolineare, al riguardo, che sulla delicata problematica non sembra esserci una preclusione pregiudiziale da parte delle organizzazioni sindacali, tenuto conto che già nel giugno 2004 Ministero e Sindacati diedero vita a una Commissione, attuativa dell’art. 22 del contratto allora vigente, per elaborare un’ipotesi di intesa in materia”.

Considerata la situazione pesantemente critica da parte dei sindacati sulle riforme della scuola inserite nel DL 36 culminata nella proclamazione dello sciopero generale del 30 maggio, non sarebbe opportuno stralciare dal DL gli articoli interessati e farne oggetto di un disegno di legge – che deve comunque essere agganciato al “treno” del PNRR – sul quale mettersi al lavoro da subito ma con i tempi e i modi necessari che consentano condivisioni, mediazioni e integrazioni?

Per approfondimenti:
DL 36/22 in Parlamento. Cosa c’è da cambiare

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